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delocazione #1
1) il lavoro Il Dizionario Enciclopedico Italiano definisce un rito "la norma che regola lo svolgimento di un´azione sacrale". Vorrei proporre di allargare questo concetto ad una sfera -piu´ ampia e piu´ laica- di costumi consolidati nelle diverse culture, che le rappresentano efficacemente e in una certa misura le fondano. In questo senso considero un rito non solo la celebrazione della messa per i Cattolici (o i riti di passaggio nella societa´ degli adulti per i Blackfoot) ma anche la parata del 4 luglio negli Stati Uniti, la partenza per le vacanze o per lo stadio (p. es. dei francesi, come nei film di J. Tati), le forme di corteggiamento tra i nostri adolescenti, ecc. Ognuno di questi riti e´ costituito da una somma di atti altamente simbolici, ognuno dei quali sembra condensare differenti concetti, quelli appunto che una cultura puo´elaborare e consolidare nel tempo. Questo materiale ci offre preziose occasioni di riflessione, a condizione che noi ci prendiamo il disturbo di verificarlo, di collaudarlo, con i mezzi che sono propri del nostro lavoro. Il metodo che ho scelto per questa performance e´ quello della delocazione, vale a dire il trasferimento di elementi di un rito -giapponese- in un contesto diverso -italiano- e il tentativo di registrare gli aspetti di contiguita´ e le differenze che ne risultano, cosí come essi si presentano: senza valutazione, senza commento. Con buona pace dei giapponesi e dei napoletani, ai quali gia´ ora chiedo scusa: sumimasen! / scusasse! 2) i materiali a) Eduardo de Filippo, Questi fantasmi, (1946), atto II° PASQUALE ... A noialtri napoletani, toglieteci questo poco di sfogo fuori al balcone... Io, per esempio, a tutto rinuncierei, tranne a questa tazzina di caffe´, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell'oretta di sonno che uno si e' fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con le mie mani. Questa e' una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto... per gli amici... il caffe' costa cosí caro... (Ascolta, poi) Mia moglie non mi onora... queste cose non le capisce. E´ molto piu´ giovane di me, sapete, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sotto un certo punto di vista, sono la poesia della vita; perche', oltre a farvi occupare il tempo, vi danno pure una certa serenita' di spirito. Neh, scusate?... Chi mai potrebbe prepararmi un caffe' come me lo preparo io, con lo stesso zelo... con la stessa cura?... Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente. .. Sul becco... lo vedete il becco? (Prende la macchinetta in mano e indica il becco della caffettiera) Qua, professore, dove guardate? Questo... (Ascolta) Vi piace sempre di scherzare... No, no... scherzate pure... Sul becco io ci metto questo coppitello di carta... (Lo mostra) Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione... E gia', perche' il fumo denso del primo caffe' che scorre, che poi e' il piu' carico, non si disperde. Come pure, professo', prima di colare l'acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla, vi dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata. Un piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata, l'acqua, in pieno bollore, gia' si aromatizza per conto suo. Professo', voi pure vi divertite qualche volta, perche', spesso, vi vedo fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione. (Rimane in ascolto) E io pure. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me... (Ascolta) Pure voi, professo'?... E fate bene... Perche', quella, poi, e´ la cosa piu´ difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore... A manto di monaco... Color manto di monaco. E´ una grande soddisfazione, ed evito pure di prendermi collera, perche' se, per una dannata combinazione, per una mossa sbagliata, sapete... ve scappa 'a mano 'o piezz' 'e coppa, s'aunisce a chello 'e sotto, se mmesca posa e ccafe'... insomma, viene una zoza... siccome l'ho fatto con le mie mani e nun m' 'a pozzo piglia' cu' nisciuno, mi convinco che e' buono e me lo bevo lo stesso. (Il caffe' ormai e' pronto). Professo', e' passato. (Versa il contenuto della macchinetta nella tazza e si dispone a bere) State servito?... Grazie. (Beve) Caspita, chesto e' ccafe'... (Sentenzia) E' ciucculata. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina di caffe' presa tranquillamente qui fuori... con un simpatico dirimpettaio... Voi siete simpatico, professo'... (Seguita a bere) 'o vi', mezza tazzina me la conservo, me la bevo tra una sigaretta e l'altra. b) Kakuzo Okakura, Il libro del tè (1906), cap. I° In origine il te' fu medicina, per poi trasformarsi in bevanda. Nella Cina dell'VIII° secolo entro' a far parte del regno della poesia, come uno dei passatempi raffinati. Nel XV secolo il Giappone lo elevo' a religione estetica: il teismo. Si tratta di un culto fondato sull'adorazione del bello, in contrapposizione alle miserie della vita quotidiana. Il teismo ispira purezza e armonia, il mistero della carita' reciproca, il senso romantico dell'ordine so­ciale. Fondamentalmente e' un culto dell'Imperfetto, e al tempo stesso un fragile tentativo di realizzare qualcosa di possibile in quell'impossibile che per noi e' la vita. La filosofia del te' non e' mero estetismo nella comune accezione del termine, giacche' esprime, insieme all' etica e alla religione, la nostra concezione dell'uomo e della natura. E´ igiene, in quanto costringe alla pulizia; e' economia, in quanto mostra che il benessere va ricercato nelle cose semplici, non in quelle complicate e costose; e' geometria morale, in quanto definisce il rapporto armonico tra noi e l'universo. Rappresenta l'autentico spirito della democrazia orientale, giacche' trasforma tutti coloro che gli sono devoti in aristocratici del gusto. c) Sen-No-Rikyu (1522-1591), quattro Waka Bisogna sapere che il rito del te' e' soltanto scaldare l´ acqua, preparare il te' e berlo. Far scendere dentro il regno del cuore il rito del te' e non vedere piú con gli occhi, e non ascoltare piú con le orecchie. L'atmosfera del rito del te': fiori di prugna e crisantemi invernali; bambú verdi, fiori caduti in terra e gialle foglie; alberi secchi, il gelo dell'alba. Quando, dopo aver osservato fedelmente le regole, procedi oltre, non dimenticare mai l'origine. 3) ringraziamenti Questo lavoro e´ dedicato a Gio´ di Sera, grande artista napoletano in esilio e grande amico. Ringrazio per prima Eloisa Gobbo che mi ha incoraggiato a viaggiare per il Giappone da artista - e non da turista. Grazie anche a Ellen Piffl-Boniolo (la mia guida in questo viaggio), a Lara Facco (alla quale devo la preziosa indicazione del testo di Eduardo), a Elisabetta Vallin (che mi ha fatto conoscere le poesie di Rikyu), a Carla Stella e Richard Khoury (per la pazienza, i consigli, e l´ottimo caffe´). Gli sbagli e i difetti, ovviamente, sono tutti miei. Padova, maggio 2000 su